Sostantivo maschile perchè...
Il soprano, i soprani, la soprano, le soprano... Ogni tanto si riaccende la diatriba fra chi sostiene la forma (diciamolo subito: corretta) maschile e chi propugna la legittimità (diciamolo subito: infondata) della concordanza maschile con plurale invariabile. La questione, spesso, viene inutilmente complicata, spesso con giustificazioni storiche e sociali fantasiose.
1) I castrati non c'entrano nulla, anche perché non è affatto vero che in età barocca alle donne era proibito cantare e quindi i cantanti erano tutti uomini. Da quando l'opera è nata sono esistite cantanti donne, anche grandissime, anche vere e proprie dive. Certo, esistevano piazze dove alle donne era vietato esibirsi, certo, i castrati erano educati musicalmente fin da bambini e quindi erano mediamente più preparati delle fanciulle e spesso preferiti da chi poteva permetterseli. Ma le donne hanno sempre cantato l'opera, quindi i soprani sono sempre stati anche donne.
2) Se fosse stato solo per via dei castrati, si sarebbe cominciata a dire "la soprano" almeno duecento anni fa, quando quelli sono spariti dalle scene operistiche e le voci di contralto mezzosoprano e soprano sono rimaste appannaggio delle sole signore. Invece no.
3) Esistono molte parole il cui genere non coincide con la persona cui fanno riferimento: spia, guardia... Soprano è una di queste. Non direste mai "Gino è un bravo guardio", "il film parla di un perfido spia". E se siete in difficoltà, basta studiare un po' di analisi logica, che è tutta salute per la mente.
4) Alle donne fu interdetta la musica sacra solo in determinati contesti. Le suore nei monasteri e le fanciulle nei convitti, per esempio, cantavano eccome, e poiché le polifonie si costruivano a quattro voci sostenevano anche le linee dei tenori e dei bassi.
5) Dunque, il genere di soprano, mezzosoprano, contralto, tenore, baritono e basso non è determinato in origine dal genere dell'interprete.
6) Sopranus, altus, tenor e bassus derivano dalla polifonia, in cui si concordano con cantus, vale a dire con la linea centrale (il tenor, quella principale), quelal più alta, quella superiore o quella più bassa. Anche se baritono e mezzosoprano, come termini, si sono affermati in seguito, seguono il medesimo principio: definire il registro, la tessitura in cui si muove il canto, non la persona.
7) In francese succede una cosa simile, ma con effetto opposto: si sottintende non "cantus" ma "voix", sicché "la basse-taille" e "la basse" sono equivalenti di basso-baritono e basso e si concordano al femminile. In spagnolo e tedesco, invece, i termini riferiti alle voci si concordano secondo il genere del cantante.
8) E' vero che le lingue si evolvono nell'uso, ma le definizioni dei registri vocali fanno parte del vocabolario tecnico musicale e nell'ambito specialistico che utilizza questo lessico è ancora indiscussa la predominanza del maschile (e il maschile, ricordiamolo, in italiano assorbe anche il neutro), mentre le forme "la soprano", "le soprano" sono diffuse soprattutto in ambito esterno a quello musicale e operistico. Insomma, è legittimo considerarlo un errore entrato nell'uso popolare, ma pur sempre un errore rispetto alla forma corretta del lessico musicale.
9) E' vero che le lingue si evolvono con i tempi, ma in questo caso proprio quell'antica distinzione dei cantanti in base al cantus a prescindere dal sesso (così nei cori di suore c'erano monache che cantavano la parte dei bassi come nella cappella Sistina cantori maschi sostenevano - in virtù dell'età, di una tecnica particolare o di un'operazione chirurgica - tessiture femminili) viene incontro alle moderne sensibilità verso le tematiche di genere, mantenendo separato il registro vocale dalla definizione dell'identità, dell'orientamento e del ruolo sessuale dell'artista.
Di questi temi ho parlato più ampiamente, affrontando anche la questione dei cantanti transgender, nel mio libro Storia dell'opera lirica