Niente sesso, siamo marchigiani
Censurare La traviata? Nel 2023? Può succedere, almeno per le amministrazioni comunali di Fermo e Ascoli Piceno, che hanno bloccato le rappresentazioni sceniche per le scuole e i giovani under 30 (quindi non solo impuberi minorenni!) della coproduzione fra OperaLombardia e la Rete Lirica Marchigiana, regia di Luca Baracchini: gli studenti delle due città vedranno l'opera in forma di concerto, mentre a Fano, per fortuna, andrà in scena regolarmente anche per i ragazzi. Il motivo? In questo spettacolo, ambientato ai giorni nostri, Violetta è transgender (la sua parte maschile è incarnata dal bravissimo attore Giovanni Rotolo) e vive una lacerazione interiore, oltre allo stigma sociale che alimenta l'opposizione di Germont al suo amore.
A centosettant'anni dalla prima assoluta è un bene che l'opera di Verdi continui a scuotere, turbare e anche disturbare come l'autore voleva. Lui non ha scritto la triste storia di un amore contrastato fra una fanciulla malata e un giovanotto di buona famiglia: ha scritto la disperata tragedia di una prostituta d'alto bordo che scopre il vero amore ma non può viverlo perché condannata dalla società, dai suoi pregiudizi e da un morbo da cui non può cercare scampo. Se si edulcora La traviata, se la si addomestica, si tradisce Verdi.
A centosettant'anni dalla prima assoluta non si può accettare che si censuri La traviata. Fin dalla prima assoluta, in realtà, è stata censurata. Per prudenza, là dove si trattava un tema d'attualità con continui, prosaici, riferimenti al denaro, contratti e mercimonii, già il libretto utilizza un linguaggio più aulico del consueto; poi, si sa, inizialmente gli allestimenti erano anticipati ai tempi del Cardinale Richelieu, per distanziare la vicenda dalla realtà che rappresentava. Poi si è preso a usare costumi contemporanei alla composizione (1853/54), soprattutto quando questi sono diventati costumi d'epoca e quindi si poteva ancora far finta che la vicenda di Violetta fosse cosa del passato, che non ci riguarda, e su cui possiamo commuoverci con buoni sentimenti e senza scandali. Il fatto che un'amministrazione comunale preveda prima delle recite per le scuole (superiori) della Traviata e poi si tiri indietro affermando di non sapere di cosa si sarebbe trattato, come è successo ad Ascoli e Fermo, imponendo esecuzioni in forma di concerto per i ragazzi vuol dire, prima ancora della censura a quello specifico allestimento, di non avere idea di cosa tratti l'opera di Verdi. Un ragazzo che è in grado di capire La traviata, è perfettamente in grado di confrontarsi con uno spettacolo in cui si affronta il tema dell'identità di genere. Altrimenti, ci sono tanti bellissimi spettacoli pensati appositamente per un pubblico infantile con il quale tutto ciò che è sessualità (o violenza, o altri temi ritenuti più adulti) viene evitato o trattato con debite attenzioni. Pensare che la storia di una prostituta vittima di una società ipocrita e bigotta possa andar bene camuffata in bei costumi da gran ballo romantico, ma che i giovani debbano essere "protetti" da ogni rappresentazione di una sessualità "irregolare" significa essere ipocriti, bigotti e anche un po' ignoranti. Significa offendere Verdi e la sua volontà di non essere né comodo, né rassicurante nel ritrarre l'umanità, significa offendere i ragazzi, la loro curiosità, la loro intelligenza, la loro legittima consapevolezza del mondo che li circonda e di cui fanno parte.
Portare i ragazzi a teatro significa condurli all'esercizio dello spirito critico, del confronto. Censurare a priori uno spettacolo significa anestetizzare se non addirittura negare e contraddire il ruolo dell'arte e della scuola. Nel momento in cui si ritiene che una classe possa assistere a uno spettacolo della stagione principale e non alle produzioni dedicate ai più piccoli, ci si deve poter confrontare con essa. Censurare significa nascondere, temere, creare un problema là dove la libera comprensione e la riflessione lo sciolgono. Negare lo spettacolo significa alimentare una visione morbosa del proibito, invece di invitare a ragionare e maturare. Farlo non solo con i minori, ma con il pubblico che usufruisce delle offerte per la recita riservata agli under 30 (uomini e donne giovani ma adulti!) oltrepassa il ridicolo. Viceversa, assistere allo spettacolo non comporta necessariamente il suo apprezzamento, la sua accettazione, ma lo sforzo di sviluppare la propria idea, di essere pensatori attivi e non fruitori passivi di ciò che dall'alto è concesso vedere. Questa Traviata può essere vista e valutata a diversi livelli: si potrà accogliere l'assunto iniziale, ma vi sarà anche chi rifiuterà dal principio la rappresentazione di tematiche legate al genere, all'identità, all'orientamento sessuale; ci sarà chi, invece, guarderà alla chiave di lettura in maniera aperta e potrà apprezzare o meno i vari aspetti della realizzazione. In ogni caso si porrà di fronte allo spettacolo mettendolo e mettendosi in discussione; a maggior ragione nelle dinamiche di un'esperienza scolastica, con compagni e professori, può essere occasione di dibattito anche animato e costruttivo. A Brescia ho avuto delle perplessità su questa produzione, non mi allineo certo con i detrattori a prescindere (anzi, trovo l'idea di base interessantissima), ma nemmeno con chi è rimasto del tutto entusiasta [la mia recensione]: proprio per questo sostengo la necessità di non censurare questo spettacolo. Io l'ho visto, ne ho discusso, mi sono interrogata, ho pensato. Vorrei che anche altri possano farlo, a maggior ragione ragazzi. Noi non andiamo a teatro, noi non ci accostiamo all'arte per avere conferme ed essere lusingati nelle nostre abitudini e convinzioni. Possiamo anche condannare, criticare aspramente, ma dobbiamo essere liberi di poterlo fare, di poter valutare.
Imporre La traviata in forma di concerto per i giovane e le scuole è offendere Verdi, gli artisti, l'intelligenza e la dignità del pubblico, che deve essere messo nella condizione di maturare un pensiero in autonomia e nel confronto con gli altri. Negare una recita under 30 che sia una vera e propria recita è un insulto alle nuove generazioni che si dovrebbero avvicinare, non allontanare dal teatro con penosi moralismi.