Labirinti di follia
Dato che questa mattina è tornato in tv il bellissimo Sigismondo registrato al Rossini Opera Festival, ripubblico la recensione che scrissi per Gli amici della musica, quando l'Ape musicale non esisteva ancora, della pubblicazione in dvd
È uscito il Dvd che sarà un riferimento per ogni giudizio futuro sul titolo rossiniano
Sigismondo capolavoro
di Roberta Pedrotti
Gioachino Rossini
Sigismondo
Barcellona, Peretyatko, Siragusa, Concetti, Scala, Bisceglie
direttore Michele Mariotti, regia Damiano Michieletto
Pesaro, Rossini Opera Festival 2010 - 2 DVD Arthaus, 101 648, 2012
Il secondo Dvd contiene un bonus con interviste agli interpreti e artefici dello spettacolo, a Gianfranco Mariotti e Alberto Zedda, sovrintendente e direttore artistico del Rossini Opera Festival. Guardatelo dopo aver visto l'opera. Non lasciatevi influenzare prima da nessuna parola: scoprirete invece come le stesse emozioni suscitate da questo allestimento perfetto sono condivise con passione da chi l'ha creato e visto nascere, come gli stessi pensieri s'intreccino in un sentire comune per una delle più significative e rivelatrici produzioni rossiniane di cui si abbia memoria. Un'opera negletta si è svelata come capolavoro, è esplosa in tutta la sua potenza la carica teatrale contemporanea racchiusa nella scrittura rossiniana. E questo Dvd si fa guardare e riguardare senza mai annoiare come un grande classico del teatro e del cinema nel quale la musica e il canto sono parte integrante e inscindibile dell'azione e della psicologia, amplificazione e rifrazione d'ogni sfumatura. Una donna, Aldimira, è contesa da due uomini, Sigismondo, re di Polonia e amato consorte, e Ladislao, grande del regno e seduttore disprezzato. Di fronte al rifiuto della regina, quest'ultimo la calunnia come infedele e causa la sua condanna a morte da parte del re. Quindici anni dopo, mentre il ricordo e il rimorso hanno piegato la psiche di Sigismondo, appare una sosia perfetta di Aldimira, ma dice di chiamarsi Egelinda e di non aver nulla a che fare con la defunta regina. Un soggetto potente, nel quale il fantasma enigmatico a metà fra La donna che visse due volte e Così è se vi pare (Aldimira che finge d'essere Egelinda che accetta di vestire i panni di Aldimira potrebbe ben affermare “Io sono colei che mi si crede” in una vertigine di maschere e identità) innesca un effetto a catena che in una sorta di labirinto mentale fra luci e tenebre porterà Sigismondo a rinsavire, mentre Ladislao e la sua complice Anagilda scivolano nella pazzia. La si potrebbe quasi definire la più moderna delle opere di Rossini, capace di svelare atmosfere degne di Ibsen, Hitchcock, Visconti, Bergman, sospese sul confine sottile fra realismo e astrazione psicologica, eppure fino a queste recite pesaresi Sigismondo era considerato semplicemente un dramma per musica che, a causa anche di un libretto un po' sgangherato, ottenne scarso successo alla vigilia della grande stagione napoletana e divenne quasi una sorta di archivio di arie e motivi cui attingere per opere future. Ecco, invece, la rivelazione grazie a Damiano Michieletto, Michele Mariotti e un cast di artisti formidabili. Dopo la Rossini Renaissance in termini vocali e di recupero filologico delle partiture si attendeva ancora di compiere pienamente l'opera portando il teatro del pesarese a questi livelli assoluti che consacrano finalmente la grandezza drammaturgica dell'autore e del suo peculiare linguaggio, indagato per anni dagli studiosi e forse mai come oggi compreso da alcuni interpreti e registi. Perché Mariotti e Michieletto lavorano insieme su ogni dettaglio e ancor prima che si alzi il sipario quell'overture che sarebbe poi quella di Otello (e quindi anche in larga parte del Turco in Italia) con inserti che rammentano La scala di seta ci appare fra inedite sfumature inquietanti, ombre e tratti nervosi che già anticipano l'atmosfera cupa e opprimente del dramma psicologico in cui delirio e follia sono presenze quasi palpabili. Anzi, concrete, perché il realistico ospedale psichiatrico in cui Sigismondo consuma il suo rimorso visionario è popolato da folli trasfigurati in corso d'opera in vere e proprie personificazioni e moltiplicazioni di quel turbamento mentale ch'è strisciante protagonista dell'opera. Con loro si aggirano fra i personaggi reali anche le allucinazioni del re, repliche d'Aldimira che prenderanno a perseguitare Ladislao insinuandosi nelle crepe della sua psiche fino a creare voragini. Quel palazzo in faticosa ma progressiva rinascita non sembra altro che il negativo dell'ospedale psichiatrico (l'elegantissimo e geniale impianto scenico di Mauro Fantin mantiene la struttura cambiando arredi e passando dal candore della clinica al calore del legno) e viene assediato dalla follia finché i colpevoli non ne saranno inghiottiti e gli eroi liberati, dissolvendo finalmente anche le visioni. Il percorso non è però lineare, perché ogni nodo si sciolga e ogni filo narrativo venga a capo il cammino sarà tortuoso, ambiguo e rischioso. Anche per la stessa Aldimira, che nel quartetto del secondo atto, messa a confronto con il padre che rifiuta di riconoscerla, sembra crollare sotto il peso del meccanismo che lei stessa ha creato insieme con Zenovito. Zenovito finto padre della finta Egelinda che qui abbiamo interpretato dallo stesso Andrea Concetti che veste i panni anche di Ulderico, vero padre della vera Aldimira, in un continuo gioco di specchi. Dopo il quartetto sarà il bacio rivelatore fra i due protagonisti – immerso nelle bellissime luci di Alessandro Carletti, che dal realismo sanno sfumare nell'onirico – prima della ripresa della cabaletta dell'ultima aria di Aldimira a determinare lo scioglimento finale e il ribaltamento delle sorti fra Sigismondo e Ladislao. Quel che più conta, però, non è il lieto fine con la punizione dei malvagi, bensì il viaggio fra realtà e illusione attraverso i meandri della psiche, le radici del sentimento e dell'identità. Un teatro spietato, acuto, ma anche elegantissimo, grazie al gusto e alla grazia di Michieletto e dei suoi collaboratori, fra i quali è fondamentale citare anche Carla Teti, autrice di splendidi costumi che calzano come una seconda pelle sui singoli personaggi esaltandone le figure e l'immedesimazione. Perché questo è, finalmente, teatro totale nel belcanto e impone il Sigismondo di Michieletto e Mariotti come ineludibile pietra di paragone. Non solo, infatti, il lavoro del regista sul testo è geniale e rivelatore, ma può essere tale perché si muove di pari passo con musicisti sensibilissimi, pienamente disponibili alla creazione di un'esperienza teatrale totale e completa, in cui ogni sguardo e ogni minimo gesto costituisce un'unità indissolubile con le più minute inflessioni del canto e dell'orchestra. Michele Mariotti è un concertatore superbo, ogni battuta conferma intelligenza e profondità di visione, esaltando di pari passo con Michieletto la forza psicologica e drammatica dell'opera, il cast è, in questo senso, assolutamente perfetto. Daniela Barcellona, nei panni di Sigismondo, si produce in una delle più impressionanti prove d'attore mai riscontrate nel teatro d'opera, in particolare in questo repertorio. Osservare i suoi occhi, vedere le sue mani fremere in tic che vanno scomparendo lentamente, riacutizzandosi episodicamente nei momenti di maggior tensione, sentirla cantare con questi gesti, dentro questo personaggio è semplicemente sconvolgente. Un'esperienza indimenticabile. Non le è però da meno Antonino Siragusa, che, nel ruolo non meno impegnativo di Ladislao, compie il percorso inverso aggirandosi come una serpe sottilmente violenta, sadica e lussuriosa, ma cedendo spossato in un'aria (“Giusto ciel, che i mali miei”) di quasi follia in cui una morbidissima, estatica mezzavoce dimostra come la tecnica e il virtuosismo del cantante siano gli strumenti migliori del vero artista moderno. E perfetta è pure Olga Peretyatko nel delineare il carattere fragile e forte di Aldimira, eroina e vittima allo stesso tempo, salvatrice sempre sull'orlo di perdersi e tradirsi, figura enigmatica di bellezza sofisticata, dolcezza fanciullesca, regale determinazione. Oltre al già citato Andrea Concetti (Ulderico) – sempre all'altezza dei suoi colleghi – segnaliamo la capacità di Enea Scala di valorizzare al massimo con la sua presenza incisiva anche il piccolo ruolo di Radoski (ma in questo spettacolo nessun personaggio è marginale o trascurato) e l'ottima recitazione anche di Manuela Bisceglie, forse un po' meno pregnante dal punto di vista vocale ma sempre eccellente nel complesso della rappresentazione. Tutti, però, meritano le più alte lodi: gli straordinari figuranti, gli artisti del coro e quelli nella buca dell'orchestra, tutti coloro che anche dietro le quinte o negli uffici dell'amministrazione hanno contribuito alla nascita di questo capolavoro che resterà nella storia del teatro musicale. Le belle fotografie di Amati e Bacciardi restituiscono bene la cifra elegante e intrigante dell'allestimento, la grafica di pari livello, la lista delle tracce precisa e accurata. Le note, in inglese, francese e tedesco, sono di Reto Müller. Ottima la regia video di Tiziano Mancini, ormai moderno erede del decano Brian Large, capace di trarre da un perfetto spettacolo teatrale un Dvd avvincente per una perfetta fruizione casalinga, il che non era affatto scontato. Se avete visto lo spettacolo facilmente avrete voglia di rivederlo, se non l'avete visto ma volete scoprire o riscoprire Sigismondo, se amate Rossini, se amate il teatro musicale nella sua forma più alta e completa non potete perdere questo Dvd. E dopo aver visto l'opera, gustatevi i diciannove minuti di bonus e confrontate le vostre sensazioni, le vostre riflessioni, le vostre emozioni con quelle degli artisti e degli artefici di questa memorabile produzione