L'estate, fredda, dei morti
Io non dimentico le strade mute. Non dimentico che c'erano solo le ambulanze, le campane, le sirene e poi il silenzio. Le sale del commiato che non bastavano più, le pagine infinite dei necrologi,mentre ormai i manifesti non si riuscivano nemmeno più ad affiggere, e ogni giorno si scorreva il sito delle onoranze funebri, si aspettava il bollettino. Ogni giorno si telefonava più volte alla nonna che non si poteva andare a trovare.
Io non dimentico che ho pianto per un sacco di patate e un po' di frutta e verdura fresca. Io non dimentico che ho pianto per il primo attacco di un violoncello dal vivo. Io non dimentico che nulla è scontato, che a tutto, o quasi, si riesce a rinunciare, che anche le più piccole cose possono essere le gioie più grandi.
Io non dimentico i morti. Io non dimentico la loro muta primavera.
G. Pascoli
Novembre
Gèmmea l'aria, il sole così chiaro
che tu ricerchi gli albicocchi in fiore,
e del prunalbo l'odorino amaro
senti nel cuore...
Ma secco è il pruno, e le stecchite piante
di nere trame segnano il sereno,
e vuoto il cielo, e cavo al piè sonante
sembra il terreno.
Silenzio, intorno: solo, alle ventate,
odi lontano, da giardini ed orti,
di foglie un cader fragile. È l'estate,
fredda, dei morti.