Una giornata fra colleghi
Una settimana fa ero a Firenze, passeggiando fra Palazzo Pitti e il Giardino di Boboli dopo un'intensissima giornata al Teatro del Maggio Musicale Fiorentino. L'11 febbraio, infatti, si è tenuta la tanto attesa nuova riunione dell'Associazione Nazionale Critici Musicali dopo le sospensioni causate dalla pandemia. Per me, era la prima volta (e, a proposito: grazie a chi mi ha votata nel rinnovo delle cariche, congratulazioni agli eletti).
Arrivo a Firenze, check-in al volo, la scaletta è serrata: prima sessione della tavola rotonda per il centenario della nascita di Franco Zeffirelli, pranzo con i colleghi (benedetti siano sempre i buffet allestiti per i convegni), assemblea, Doktor Faust di Busoni, finalmente cena rilassata e passeggiata serale nel centro [per chi fosse interessato a Zeffirelli, musei e Busoni rimando qui].
L'assemblea, dunque. Confesso che in passato ero stata scettica all'idea di iscrivermi all'Associazione, per colpa anche della mia innata indole orsesca che non mi porta a buttarmi nella mischia delle pubbliche relazioni. Per fortuna, però, sono portata a scegliere dei buoni amici e alcuni di questi, fra i colleghi, mi hanno incitata a prendere una decisione giusta.
La critica musicale è una professione in cui credo, ma anche una professione terribilmente sottovalutata e vituperata. La letteratura contro la critica e il giornalismo è antica, e talora anche divertente: chi non sorride riconoscendo il fondo di verità nella sfilata di questuanti per una buona recensione, un'intervista, una segnalazione nell'aria "Chi è colei che s'avvicina" della Pietra del paragone? Ma, se c'è la satira sulla cattiva critica, non bisogna dimenticare che esiste anche la buona critica, o quantomeno che un'attività non s'identifica con i suoi peggiori (o sedicenti) esponenti. Quando ci troviamo in un ristorante scadente o in un albergo inadeguato pensiamo forse che ristoranti e alberghi non dovrebbero esistere? Un medico incompetente o un idraulico disonesto possono persuaderci che di medici e idraulici non ci sia bisogno? Nel momento in cui proclamiamo l'importanza dell'arte e dell'attività intellettuale come lavoro, non possiamo dimenticare che anche l'esercizio critico è parte integrante di tutta quella cultura immateriale, di quel pensiero che ci rende esseri umani. L'arte non esiste come una monade sospesa nell'assoluto, ma perché si relaziona all'esterno, perché suscita discussioni, dibattiti, riflessioni, anche scontri e ribellioni. In senso più lato, basterebbe riflettere sull'etimologia, dal greco κρίνω (krìno) che non significa solo giudicare nel senso di proferire una sentenza o un'accusa, ma anche e soprattutto discernere, valutare, distinguere, esaminare, indagare, interpretare e via così in un'area semantica che non afferisce tanto al verdetto, quanto all'atto intellettuale della ricerca, della comprensione, della riflessione. Qualcosa di cui, insomma, c'è un immenso bisogno non solo nelle arti, ma in ogni aspetto della vita umana, in cui la superficialità del dubbio iperbolico e della sua gemella siamese convinzione dogmatica (o, se vogliamo, passività intellettuale mascherata d'attività) è il rischio maggiore.
La critica è importante. E, dunque è importante anche il confronto fra critici, se non altro perché ciascuno di noi può avere un profilo formativo e professionale, un vissuto diverso che deve apportare ricchezza di punti di vista, non contrapposizione di voci clamantium in deserto o tonanti isolate nelle loro torri d'avorio. Vedersi in faccia, confrontarsi in assemblea o davanti a un caffé è importante, soprattutto mentre lo spirito critico pare perdere di valore e si continua a essere additati come frustrati parassiti o inutili friggitori d'aria. Non è così, non deve essere così, e ben venga che se ne parli e che si prenda anche posizione, come è avvenuto di fronte ad attacchi provenienti perfino da canali istituzionali (programmi Rai, canali ministeriali). Ben venga anche il confronto fra critici e fra critici e altre categorie, coscienti che l'idea stessa di categoria è una semplificazione che non può suddividere e definire rigidamente le persone.
L'Annuario stesso è un documento fondamentale, perché fissa l'esercizio critico e la recensione al di là dell'immanenza della cronaca mordi e fuggi. Interessa leggere di spettacoli di due anni fa? Sì, e non solo per storiografia, ma perché una riflessione seria e ben fatta non si limita a una pagella funzionale a rassegne stampa e ad alimentare il narcisismo di chi ha firmato, di chi è lodato o si riconosce nel parere espresso. Mi piace pensare, invece, alla recensione come genere letterario: informazione, saggistica, anche un po' di narrativa, specie quando il panorama della nostra antologia critica abbraccia un anno come il 2021, in cui siamo passati, non senza fatica, dallo streaming pandemico al ritorno in teatro a piena capienza. Infatti, i pezzi che ho scelto di inviare e che sono stati inseriti nell'annuario per quanto mi riguarda erano proprio riferiti a due spettacoli in streaming (Streaming da Palermo, Il crepuscolo dei sogni, 26/01/2021 (apemusicale.it); Streaming da Pesaro, concerto Bonato/Palermo, 27/03/2021 (apemusicale.it)) e due dal vivo (Parma, Un ballo in maschera (Gustavo III), 24/09/2021 (apemusicale.it); Macerata/Fabriano, concerto Bonato/Cardaropoli/Form, 24-26/11/2021 (apemusicale.it)), con l'abbinamento di un programma sinfonico simillimo ascoltato prima dal computer di casa e poi in carne e ossa. Parlo per me, ma ci sono più di duecento pagine a raccontare e ragionare di un anno di musica con voci diverse. Fissati nero su bianco, su carta, per dire fisicamente che ci siamo e che la critica professionale è importante, che l'esercizio critico è fondamentale. Poi, se la singola penna, il singolo articolo parrà discutibile, meglio ancora! Non siamo qui a distribuire verità rivelate, ma a distinguere, indagare, ponderare. Guai se non fosse così, guai se non ci fosse la critica.
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